13 settembre 2022

Se vini spagnoli vi piacciono già o se volete scoprirli...

Qui abbiamo creato una piccola guida per aiutarvi a scegliere un vino nelle vostre corde presente nel nostro shop on-line

Queste pagine possano essere inutili per chi è già avvezzo allo stile spagnolo di bere e mangiare. Ma sappiamo che per molti è un territorio tutto da scoprire. Amiamo i vini dei piccoli e estrosi vignaioli spagnoli, per la passione rinchiusa nelle loro bottiglie, per odori e sapori travolgenti, per un ottimo rapporto qualità/prezzo e la capacità di sposalizio enogastronomico.

Siamo sempre aperti alle vostre domande, ci sentiamo di potervi consigliare al meglio e guidarvi attraverso piaceri umili per quanto sublimi.

Buona degustazione e "a la salud!"



La storia di vini spagnoli, dall'antichità ai giorni nostri

 L'origine del vino in Spagna risale a 3000 aC. con l'arrivo dei Fenici, anche se i primi raccolti iniziano al 1.100 aC. nella zona di di Cadice, cioè vicino alla odierna Jerez della Frontiera, sulla costa occidentale dell'Andalusia. I Fenici non solo hanno introdotto il vino in Spagna ma anche l'impianto delle viti e la lavorazione dell'uva per fare la bevanda.

Verso il terzo secolo prima della nostra era, l'avanzata inarrestabile di Romani e Cartaginesi che si contendevano il territorio. Perdendo il controllo della Sicilia e di parte del Mediterraneo occidentale nella prima guerra punica, Cartagine concordò con Roma la spartizione della penisola ma dopo la

seconda guerra punica (dal 221 al 201 aC) Roma prese il pieno controllo della Hispania e del Mar Mediterraneo. I romani coltivarono vigneti estensivamente e migliorarono le tecniche di produzione, con la Spagna come una delle sue dispense e fonte di approvvigionamento e il vino di Hispania era commercializzato praticamente su tutti i territori imperiali: sono stati trovati reperti archeologici in luoghi come Bordeaux, Britannia, Normandia e Provenza. Furono i romani ad introdurre la tecnica dell'innesto delle uve e del trasporto del vino in botti di legno.

 

Nel 416, i Visigoti entrarono nel territorio peninsulare autorizzati da Roma a contenere l'avanzata di Vandali, Svevi e Alani, tra le altre tribù. L'invasione musulmana della penisola iberica iniziò nel 711 e si consolidò nel 726, ponendo fine al regno visigoto. Ma i califfi e gli emiri che avrebbero governato il territorio per otto secoli rispettavano e tolleravano il vino in Spagna come parte della cultura locale. Inoltre, alcune di questi vigneti e poeti come il valenciano Al Rusafi si riferivano al godimento dei vini.

Nonostante il rigoroso divieto di bevande inebrianti nel Corano, l’uva era coltivata per diventare uva passa e l’alcol per motivi farmaceutici. 

 

Il controllo totale della penisola è arrivato alla fine del VI secolo, con l'unificazione del regno attraverso la sua conversione al cattolicesimo al Terzo Concilio di Toledo (589). Le grandi estensioni dei raccolti imperiali divennero proprietà dei re visigoti e molti altri finirono in mani ecclesiastiche. In questo modo i monaci sarebbero diventati i principali guardiani della coltivazione dei vigneti e della lavorazione del vino in questo periodo. Ciò che è stato mantenuto per tutto il Medioevo grazie un'espansione della religione durante il IX e l'XI secolo attraverso il Cammino di Santiago e i monasteri, soprattutto nella Rioja e nella Ribera del Duero, che erano la porta di accesso per coloro che venivano dall'Europa.

In realtà, ripresa nella produzione e commercializzazione del vino è voluta dalla necessità di ottenere maggiori entrate attraverso l'esportazione dei prodotti. Fu solo nel 1492 che fu finalizzata la fine della dominazione musulmana e fu raggiunta l'unificazione dei territori spagnoli sotto lo stesso regno.

XVI è stato un periodo convulso, da un lato, lo sherry ha conquistato il mercato britannico, e d'altra parte, aree come Jerez, Malaga e Rioja furono lasciate indietro dalla concorrenza e dalla modernizzazione del settore derivata dalla rivoluzione industriale che altri paesi furono in grado di adottare più rapidamente.

 

La scoperta dell'America (XV secolo) fu decisiva: i monarchi cattolici incorporarono nuovi territori riconquistati dai musulmani, le viti furono ripiantate, il processo di esportazione si è intensificato e l'importanza delle Isole Canarie come punto di sosta per i viaggi in America ha portato le prime piantagioni di vigneti a raggiungere queste isole nel 1497.

Nel XIX secolo, il vino in Spagna ha vissuto una situazione molto particolare. L'attacco della fillossera nei vigneti europei del 1868 rappresentò una minaccia e un'opportunità per l'industria vinicola nazionale. Inizialmente, la peste colpì principalmente i vini francesi, il che provocò la migrazione dei produttori di vino gallesi in regioni come la Catalogna, La Rioja e la Navarra che appresero dai francesi una migliore disposizione delle viti in vigna; la densità della piantagione per ottenere annate e vini ottimali; controllo delle fermentazioni alcoliche e malolattiche; aggiunta dell’anidride solforosa al mosto per prevenirne l'ossidazione.


Infine, la fillossera invase la Spagna intorno al 1878, distruggendo inizialmente le vigne di Malaga. In modo tempestivo, i viticoltori spagnoli hanno appreso e implementato l'innesto sui portainnesti di vite americane per fermare e prevenire la diffusione della peste. In modo tale che il recupero dal disastro sia stato relativamente veloce.

Per coincidenza, nel 1868 furono prodotte in Catalogna le bottiglie di cava realizzate con vitigni francesi. Tuttavia, Josep Raventós di Bodegas Codorníu fece un passo significativo nel 1872 creando una cava con varietà del Penedés. In particolare, ha aggiunto Macabeo, Parellada e Xarel-lo, con la stessa metodologia, nota anche come champenoise (metodo classico).


La guerra civile spagnola (1936-1939) ha fermato l'abbandono della campagna e, quindi, della vigna.

Negli anni '50, la Spagna iniziò a riprendersi e a generare una stabilità interna che avrebbe nuovamente favorito consumi, produzione, ecc. Questa prima fase di ripresa si basa principalmente sulle merci estere che contribuiscono al recupero di aree come Jerez e Rioja.


Con l'arrivo della transizione e della democrazia, la crescente classe media ha favorito lo sviluppo interno dell'industria basata sul consumo interno. Dal 1979 è stato ufficializzato un regolamento per le indicazioni di qualità, vintage e caratteristiche gustative. Da qui sono nate le categorie: Crianza, Reserva e Gran Reserva.

Questa richiesta che cresce negli anni '70 e '80 ha il grande balzo che l'ammodernamento e la professionalizzazione del settore arriva al punto che oggi conosciamo: una vera rivoluzione per il settore.

 


 

Prima del coronavirus, l'industria vinicola spagnola ha compiuto passi importanti nella trasformazione digitale di alcuni processi, senza trascurare la tradizione.

D'altro canto, le nuove tendenze nelle preferenze dei consumatori continuano a rivestire particolare importanza per i produttori di vino. Ne è prova l'aumento della percentuale di vigneti biologici. Già nel 2018 la Spagna guidava la classifica dei paesi con la più grande superficie di coltivazione della vite in questa condizione, con 113.500 ettari. Cioè casi 12% del totale vigneto.


Negli ultimi anni sono emerse nuove regioni, varietà, filosofie produttive che cercano di imporsi, anche con piccole produzioni, varietà dimenticate, rispettando l'arte della viticoltura, venerando la terra e la natura.


Oggi siamo in piena epoca di vini naturali. Dalla provocazione e ribellione punk alla maturità che porta alla ricerca dell'equilibrio e della raffinatezza. Moda e origini ancestrali, cittadini inquieti e contadini artisti, tatuaggi, etichette pazze e anfore, il vino naturale parla di persone coraggiose che portano avanti i loro vigneti con la voglia di uscire dal percorso consolidato dell'industria.

Poche cose stanno dando più struttura alla Spagna del fenomeno del vino naturale. La comunità del succo d'uva fermentato sta diventando più ampia, più robusta e ragionevole. Anche se la Spagna rappresenta una quota di produzione molto più bassa rispetto alla Francia, Italia, Germania e altri paesi dove queste pratiche non vengono messe in discussione da decenni.


In Spagna, le prime aree di produzione consapevole del vino naturale sono state la Catalogna e l’Andalusia. Manuel Valenzuela, con Barranco Oscuro e altri portarono il movimento alla prima fiera del 2008 a El Toboso e alla nascita della PVN (Associazione Vini Naturali), ovvero quella dei ragazzi di Alba Viticultores, pazzi per la vigna, il terroir e il Palomino, presentando un legame spirituale e naturale tra il Marco de Jerez e lo Champagne.

Ora l'industria dell’ospitalità (HoReCa) si sta aprendo molto a questi vini perché funzionano, sono divertenti e sono vini di mille sfumature e di prezzi contenuti. Non generano ansia o paura, sono informali  e pertanto interessanti per il grande pubblico. 


Ma non tutto vini naturali sono “senza peccato”. Inizialmente spesso presentavano odori strani, riduzioni, troppa carbonica e volatile, che non di rado erano le scuse “naturali” per il vino mal fatto. Ma ora le cose sono notevolmente migliorate e già possiamo gustare meravigliosi vini naturali senza difetti.


Noi siamo adepti di vini naturali. Adepti ma non talebani. Amiamo vini “con l’anima”, vini dei piccoli produttori estrosi, piccoli artisti della loro arte, rispettosi della natura che ci piacerebbe pensare di aiutare a salvarla consumando i vini prodotti coscientemente con il pensiero rivolto al futuro.


Ora passiamo alle aree vitivinicole spagnole. A parte il Jerez (o lo Sherry) che tanto ci sta al cuore e cui nome non per caso è stato nominato sopra a testimonianza dell’importanza di questo vino non solo per la Spagna ma per la viticoltura mondiale in generale, la Spagna vanta anche altre aree conosciute più o meno in tutto il mondo. Alzi la mano chi non abbia mai sentito della Rioja? Dei suoi vini fatti da Tempranillo, Mazuelo e Graziano. Tal volta potenti e muscolosi, talvolta finissimi e di grandissima classe, talvolta esili, snelli e fragranti. Il Tempranillo è un vitigno precoce, da qui nasce il suo nome, è un grande vitigno che richiede molta dedizione da parte del produttore. Storicamente Tempranillo, Mazuelo e Graziano erano vinificati insieme come da antica tradizioni, dove Mazuelo e Graziano erano di supporto al Tempranillo per ottenere caratteristiche ricercate dal vignaiolo. Oggi molto spesso il Tempranillo è vinificato da solo per permettere al consumatore di apprezzarlo al meglio e a capire le differenze tra le annate e micro aree di produzione. 

Ricordiamoci che la Rioja è suddivisa in tre aree: Rioja Alta, Rioja Bassa e Rioja Alavesa, considerata la più vocata per il Tempranillo. Tuttavia, in ognuna di queste zone ci sono delle eccellenze enologiche indiscusse. E non solo in sottozone della Rioja ma anche nella Ribera del Duero.


Insieme alla Rioja in Spagna c’è solo un'altra denominazione DOCa, è il Priorat, che ad un certo punto letteralmente “esploso” per la qualità dei suoi vini, soprattutto rossi, fatti principalmente con le varietà Garnacha e Cariñena solitamente piantate ad alberello. Vini potentissimi, opulenti, spesso di carattere scuro e bouquet complesso. Tuttavia, la Garnacha ha ampliato gli orizzonti e oggi ci sono dei vini varietali che mostrano un Grenache setoso e intrigante anche nel vicinissimo Penedez che ultimamente sta guadagnando la fama de in territorio molto versatile, dove danno dei risultati sorprendenti anche le uve bianche come Macabeo e Xarel-lo. Una volta usati quasi esclusivamente per la produzione della Cava, oggi Macabeo e Xa-relo regalano vini di terroir, vini d’autore, da freschi e beverini fino a grandi e graziose bevande odorose, propriamente strutturate, minerali e complesse.

Parlando di vini bianchi spagnoli mai e ancora mai si possa iniziare se non dall’Albariño. Uno dei più grandi vitigni bianchi a livello mondiale, facilmente collocabile tra Chenin Blanc o Trebbiano d’Abruzzo, tanto per citarne qualcuno tra gli intramontabili.